La nostra narrativa

In ricordo di Cesira Loredana Bartoletti

Questa donna racconta di come, da adulta, ha perso la vista per una malattia degenerativa...


Ultimi mesi 2015

Ho trascorso gli ultimi mesi in uno stato di intorpidimento: la ragione e i sensi quasi anestetizzati. Raramente sono uscita da casa, qualche passaggio in libreria, o all'unione ciechi. Spesso mi sono addormentata sul divano. Un sonno profondo, come a non voler accettare la realtà che, quasi all'improvviso, mi sono trovata a vivere. Un giorno pensavo di andare in cucina e, invece, mi sono ritrovata davanti alla porta di uscita di casa. Come al solito, quando mi trovo in uno spazio amico, mi sono mossa d'istinto, senza pensare alla direzione. Non avevo riflettuto a sufficienza sul numero dei passi, non avevo esplorato lo spazio, le distanze, le profondità con l'aiuto del suono. Non avevo cercato l'aiuto del tatto. Quando, con uno sforzo di volontà, ho dominato il panico che mi ha colto, ho realizzato il fatto che avevo perso anche l'ultimo contatto col mondo della visione: la luce. Fino ad allora, là dove c'era una finestra, vedevo più chiaro; certo non la sagoma di quella apertura sul mondo, non una luce che mi permettesse di cogliere i profili delle cose, ma pur sempre un punto di riferimento. Sapere dove era la finestra, mi aveva permesso di costruire un sistema di riferimento spaziale che, sino a quel momento, mi aveva concesso maggiore libertà di movimento nella casa. Per qualche giorno ho continuato a sbagliare, perchè mi capitava che, proponendomi di fare qualcosa, pensavo alla realizzazione di quell'obiettivo, dimenticando di organizzarmi il percorso spaziale e i movimenti che avrei dovuto compiere. Ora mi sto ricostruendo un sistema di riferimento, mi sto riformattando, tanto per usare un termine entrato nel mio uso quotidiano. Anche scrivere è diventato più difficile, e già lo era. Non vedere le parole che si stampano sul foglio significa non tener sotto controllo il processo di formazione della frase. Mentre procedi nella scrittura, poter spostare lo sguardo per una rapida verifica di quel che hai scritto poco prima e, quasi simultaneamente, tornare al punto in cui sei arrivata, ti aiuta alla correttezza del tempo dei verbi, all'evitare inutili ripetizioni, a creare il tuo ritmo. Quel ritmo che assieme al contenuto costruisce uno scritto tuo e solo tuo. Ora tutto questo richiede uno sforzo di memoria. C'è poi il problema generato dalla sintesi vocale del computer: per quanto l'ultimo robot abbia una voce femminile più morbida, suadente, quasi troppo suadente, costruisce, nel dipanare vocali e consonanti, un ritmo omogeneo, uniforme. Lettere e intervalli ripetuti a distanze regolari, tenacemente regolari, formano una musicalità alienante che prepotentemente ti cattura dentro il suo ritmo. E così è necessario combattere contro quella voce, che pure ti è indispensabile e, in altri casi, amica. Non voglio entrare in altri dettagli, queste poche righe sono per le donne con le quali sto condividendo un'esperienza di lettura e scrittura; a un certo punto mi ha creato ansia il fatto di non aver più dato un contributo, quindi mi sono imposta di scrivere. Ma per ricominciare scriverò su qualcosa che conosco bene, la cui memoria visiva è ancora vivissima in me: le sensazioni ancora così forti.